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 L’angolo di Rosario Ruggiero: il giocattolo cambierà il mondo

2/1/2017

 
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L’appena trascorsa festività natalizia e l’imminente epifania, tra lecite riflessioni religiose e sovrapposte tradizioni consumistiche, portano l’attenzione sul dono, in particolar modo il dono rivolto all’infanzia.
Agognato da ogni fanciullo, il regalo, che sia l’antico giocattolo o il più moderno ritrovato tecnologico, ha da sempre una valenza educativa per nulla trascurabile, di massima ripercussione sulla formazione della personalità, meritevole di doverosissima attenzione, sicuramente chiara causa delle più recenti trasformazioni comportamentali delle nuove generazioni.
Chiunque infatti è attualmente genitore ricorderà che ai tempi della sua infanzia si era soliti ricevere un giocattolo unitamente alla raccomandazione: “È tuo. Non lo rompere perché non lo avrai più”. Questo semplice monito preventivo, poi amaramente confermato dai fatti, veicolava, ce ne rendessimo conto o meno, valori fondamentali ed altamente caratterizzanti il futuro atteggiamento nei confronti di se stessi e del resto del mondo.
Innanzitutto nasceva senso di orgoglio, responsabilità, appartenenza. L’oggetto era proprio. Addirittura, in caso di lieve lesione, lo si continuava a preferire ad un altro. Quindi ingenerava amorevolezza, affezione, ma soprattutto pensiero previdente, giacché incauti abusi erano puniti da irreparabile rottura e quindi inevitabile privazione. Questo modo di intendere e trattare l’oggetto sarebbe finito automaticamente con l’essere poi applicato nei confronti del prossimo e di noi stessi. Si imparava ad avere rispetto non solo delle cose, ma delle persone.
L’avvento invece di un sempre più sfrenato consumismo e di un progressivo sfaldamento del nucleo familiare, con conseguenti sensi di colpa, consapevoli o inconsci, da parte di uno o entrambi i genitori, ha fatto sì che i bambini di oggi ricevano doni, magnifici, ai nostri tempi impensabili, ma non hanno neanche il tempo di dedicarcisi, indagare su di essi (quanti giocattoli abbiamo noi, adulti di oggi, pazientemente smontato e rimontato!), conoscerli appieno, farne grande uso (talvolta fino a portarli la sera a letto), ed ecco che ne ricevono un altro, un altro ed un altro ancora. E appena se ne rompe uno, ecco arrivare immantinente il dono di sostituzione.
Si osserva che ragazzini odierni arrivano addirittura a distruggere scientemente il proprio telefono cellulare per ricevere subito in regalo il modello più recente.
Si perde così senso di appartenenza, rispetto delle cose, ma pure delle persone e di se stessi. Se un individuo è utile ci diventa caro, non appena perde la sua utilità con scandalosa noncuranza viene tradito; se poi tornasse nuovamente utile, ecco annichilirsi un altro secolare valore, la dignità, e tornare all’antico rapporto amichevole come nulla fosse successo. Se una parte del nostro corpo, suggestionati da valori indotti dai grandi mezzi di comunicazione di massa, non ci soddisfa, eccoci correre dal chirurgo plastico perché provveda, e ritornarci se la moda circa la bellezza fisica prende poi nuovo indirizzo. Le nostre fattezze vengono così miseramente ridotte ad un involucro asservito ad ogni subdolo giudizio collettivo imposto.
Che questo Natale e questa Epifania servano allora pure, e particolarmente, a capire che se attualmente non riusciamo a comprendere tanti ragazzi, i nostri figli, e forse le generazioni a venire, se crollano ogni giorno di più valori morali, come l’affidabilità, ed attitudini di pensiero, come la lungimiranza, di indubbia utilità individuale e collettiva, è anche per come viene avvicinato il giovane al resto del mondo, umano e materiale. E questo avviene, prepotentemente, attraverso il dono, per come viene fatto, per come viene sentito, e per come viene fatto percepire e vivere da chi lo riceve.
“La bellezza salverà il mondo” è una delle più celebri affermazioni di Fëdor Dostoevskij, ma, mai come oggi, forse dire “il giocattolo cambierà il mondo” non è meno significativo.

Napoli capitale del turismo ed è boom di turisti da tutto il mondo

2/1/2017

 
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Napoli ricca di eventi ed iniziative per queste feste, N’Albero, mercatini, fiere e luminarie tutti elementi che stanno riempendo i luoghi di culto della città e non solo. I dati sul turismo e le strutture alberghiere e ricettive sono sorprendenti. Per tutto il periodo natalizio, dall’Immacolata a capodanno, numeri da record: un vero boom di visitatori e pienone negli alberghi così come confermato dalla Federalberghi, che lo aveva anticipato fin da subito, e soprattutto per Capodanno. È Nalbero l’attrattiva numero uno del Lungomare, che continua a incuriosire come una scatola della quale si vuole vedere l’interno che cosa contiene. Nelle feste ha superato i centomila visitatori. Dei quali, circa un quarto paganti. La struttura della Rotonda Diaz ha spinto i gestori degli chalet della Villa comunale e gli altri commercianti tra piazza della Repubblica e la confluenza tra via Caracciolo e viale Dohrn a scrivere una lettera al sindaco: “In questi 500 metri insistono l’Acquario, la Villa Comunale, la Rotonda Diaz con la sua spiaggia. Ma c’è voluto N’albero per far vivere sul serio questo tratto di strada di notte e di giorno”. I commercianti di via Caracciolo, che si sentivano sempre Cenerentola rispetto a via Partenope, chiedono nuove iniziative. Come quella che hanno inscenato i 12 giovani professionisti che ogni anno a fine Natale si fanno fotografare in giacca e cravatta ma senza pantaloni e che quest’anno, dopo una puntata a Roma nel 2015, sono tornati nella loro città, proprio in cima a Nalbero, dove è avvenuto lo scatto 2016 e le foto le trovate sul loro profilo social, con l’hashtag “mutandati”.
Diverse le cose da fare in città. Dati alla mano, la città partenopea per i visitatori  è  più trendy della Capitale, in questo momento. I numeri premiano Napoli  come la città più visitata d’Italia nel 2016 e il numero di presenze per il 2017 è destinato a crescere. Anche L’Europa torna a guardare la città del Vesuvio come meta culturale e per le vacanze. Un Santo Stefano d’arte ha fatto prendere d’assalto anche i musei. Quello di San Gennaro da record: alla vigilia di Natale, quando era aperto fino alle 15, 420 visitatori, il 25 aperto tutto il giorno: 1050 e ieri oltre 1700 persone. Un risultato che registra il 25 per cento in più rispetto allo scorso Natale. “Soprattutto non napoletani, dal nord Italia – racconta il direttore, Paolo Iorio – e moltissimi stranieri: spagnoli e francesi”. Al museo archeologico, Santo Stefano ha portato 778 paganti, ma arrivavano a mille i visitatori compresa la mostra inaugurata proprio ieri, che era gratuita. Anche al Madre giornata piena: 640 persone, altro numero da record per il museo di arte contemporanea di via Settembrini che ha in corso due tra le più belle mostre della sua storia.  Boom di visitatori soprattutto sui sentieri del Vesuvio, che è risultata essere una delle mete preferite nel ponte natalizio. Oltre 600 presenze sul sentiero del Gran Cono, fra i più suggestivi che conducono alla vetta. Lo attestano i dati forniti da Artemente, la concessionaria che gestisce i servizi di biglietteria, riferiti alle giornate del 23, del 24 e del 25 dicembre.
Nicola Massaro

Il Museo degli Arditi d’Italia nel cuore di Napoli

8/11/2016

 
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Non capita tutti i giorni di poter entrare all'interno di una torre Cinquecentesca, parte di uno degli ingressi più importanti della città di Napoli e tra i più belli esempi di porte rinascimentali in Italia, e trovarvi, al suo interno, un museo dedicato agli eroi delle due guerre mondiali, con tanto di cimeli, armamenti, cartine, fotografie ed un Sacrario consacrato ai caduti per la Patria.
Tutto questo è il Museo degli Arditi di Napoli, all'interno della Torre “Onore” di Porta Capuana.
Ma che cosa resta oggi della memoria di quei giorni lontani, a 100 anni dalla Prima Guerra Mondiale e a 70 dalla Seconda, a parte le celebrazioni commemorative ed istituzionali, perché un pugno di uomini asserragliati in una torre, come nell'estremo tentativo di resistere al tempo ignavo moderno, continuano ad operare tenendo viva la storia e tenendo aperto un museo dedicato all'Arditismo? Perché senza memoria storica una comunità è nulla.
Molti storici hanno definito l’Arditismo italiano una delle forme di guerra più confacenti al carattere nazionale, in quanto non vincolata da gerarchie, burocrazie e tradizionalismi, ma innovativa, individualista, basata sull’iniziativa personale. La casa editrice inglese di storia militare Osprey, nella sua collana Warrior ha inserito, tra samurai e forze speciali, proprio i nostri Arditi: Italian Arditi. Elite Assault Troops 1917-1920. Questa pubblicazione si affianca, tra l’altro, ad un altro volume, Gli Arditi della Grande Guerra di Giorgio Rochat, a testimonianza di un rinnovato interesse nei confronti di questa specialità tutta italiana; infatti, come affermato dallo stesso Rochat: “Gli Arditi meritano uno studio accurato, perché ebbero un ruolo significativo in diversi momenti della guerra e del dopoguerra. Il loro sviluppo nel 1918 fu dovuto anche alla necessità di presentare al Paese un nuovo modello di combattente entusiasta e convinto, valoroso e vittorioso”. Da un punto di vista strettamente militare, infatti, e rispetto alla rassegnata obbedienza degli altri soldati, lo spettacolo degli Arditi che andavano in battaglia doveva essere davvero sorprendente. L’Ardito fu un combattente di tipo nuovo, un volontario che aderiva totalmente alla guerra e che la guerra voleva vincerla a ogni costo; un soldato lontano dalla supina obbedienza e dal militarismo apolitico dell'esercito regolare: un soldato politico.
L’interesse verso tali figure storiche legittima, dunque, questa attività di conservazione del patrimonio culturale portata avanti dagli Arditi di Napoli e dal Presidente del Museo, Aldo Parrella, perché, come ha avuto modo di scrivere il generale Fabio Mini, riflettere sulla dimensione operativa e fattiva, di cui gli Arditi furono maestri: “è anche un esercizio di umiltà, un ritorno alle origini soprattutto quando il mondo complesso e tragicomico della geopolitica e della grande strategia sembra ottenebrare la tattica, che poi è la metafora della vita di tutti i giorni, la base della sopravvivenza individuale e delle piccole comunità, il tessuto reticolare dove interagiscono gli uomini, i loro sentimenti e le loro frustrazioni. Ci sono quelli, soldati e non soldati, che ogni giorno devono vivere immersi nel fango delle circostanze, e che non vogliono sapere nulla dei macro-sistemi o della grande politica, ma vogliono sopravvivere e trovare nella lotta il motivo di una vita dignitosa. Una vita da eroi”. E anche questo c’è nel Pantheon italiano.
 
Rossella Marchese

Foto Nicola Massaro

L'angolo di Rosario Ruggiero: L’uomo è animale tanto intelligente?

1/11/2016

 
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Che l’essere umano sia animale intelligente è realtà pacificamente riconosciuta. D’altronde l’uomo se lo dice da solo, e non ha nessuno a contestarglielo… salvo la storia!
Sì, perché, a vedere con occhi attenti, paradossi clamorosissimi sono tutti lì, ammonitori, a ricordarglielo.
Ed egli, a suo maggior disdoro, neanche se ne accorge!
Uno, su tutti, si erge maestoso da secoli e millenni, e va ingigantendosi quanto più l’uomo, in forza anche della sua sempre più stupefacente tecnologia, si reputa evoluto.
E chi non volesse riconoscerlo risponda allora alle domande che seguiranno.
Nato sostanzialmente preda, senza artigli, formidabile dentatura, mastodontica massa corporea, temibile muscolatura o irraggiungibile velocità, “homo sapiens”  seppe però portare felicemente alla sua causa una straordinaria capacità cerebrale che ne ha fatto sicuramente il dominatore (attento e illuminato?) della terra e gli ha permesso vieppiù di potersi affrancare dalla dura fatica di procacciarsi nutrimento. Dapprima furono l’agricoltura e l’allevamento, e mezzi come la falce e l’aratro, quindi i motori, il trattore, i concimi più efficaci e altro, sicché se un tempo ogni singolo individuo era a malapena in grado di fornire di che vivere soltanto a se stesso, oggi, con i più moderni sussidi tecnologici e culturali, quella stessa persona, con una sua sola giornata di lavoro, potrebbe dar da mangiare sicuramente a decine, ma forse anche a centinaia e più dei suoi simili.
A questo punto, l’uomo, favorito anche dall’avvento delle macchine più prodigiose, potrebbe congegnare un’opportuna turnazione perché ognuno lavori, che so, un solo giorno all’anno, tutti gli altri giorni restandogli a totale disposizione per il tempo libero che, in virtù di una riconosciuta intellettualità, potrebbe dedicare alla migliore edificazione di se stesso ed al più fine compiacimento estetico, quanto dire, al più nobile ozio latinamente inteso.
E allora perché, in pieno XXI secolo, stiamo tutti ancora a correre disperatamente, come forsennati, tra mille impegni pressanti, sostanzialmente a favore di terzi, doppi lavori per marito e moglie, e a malapena sbarcare il lunario?
Già solo quaranta anni fa un capofamiglia, unico portatore di stipendio al suo nucleo familiare, con moglie e tre o quattro figli a carico, abbastanza comunemente riusciva a garantire loro vitto, alloggio, villeggiatura, formazione culturale aggiunta (palestra privata, lezioni di musica o danza) e l’automobile, ciò che oggi a stento riescono a fare insieme marito e moglie svolgendo ognuno almeno un lavoro fuori casa, se non due, e con solo uno o due figli da mantenere.
È allora proprio tanto peregrino sospettare che o l’intelligenza non serve a vivere meglio, o c’è sicuramente da ritenere che latiti? 


L’angolo di Rosario Ruggiero

29/7/2016

 
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​La tecnologia rende l’uomo migliore?
Viviamo un’epoca di strepitoso sviluppo tecnologico. È una realtà sotto gli occhi di tutti. Quello che solo venti anni fa era impensabile o fantascientifico, oggi è alla portata anche di un ragazzino. Basta pensare come, per un attuale ventenne, l’infanzia dei suoi genitori può apparire trogloditica. Solo cinquanta anni fa il citofono al portone era una rarità, la sera per andare a far visita a parenti ed amici, arrivati davanti al loro palazzo, bisognava chiamare a gran voce perché il padrone di casa scendesse con le chiavi per farci entrare. Di telefoni portatili neanche a parlarne ed una volta usciti di casa si era praticamente irreperibili. Il calcolatore elettronico era una realtà solo cinematografica, la televisione trasmetteva unicamente in bianco e nero, i canali disponibili non erano che due, le trasmissioni iniziavano nel pomeriggio per scomparire, come Cenerentola, a mezzanotte e, del televisore, il telecomando, doverosamente agli ordini degli adulti,… eravamo noi!
Un’epoca sicuramente migliore, allora, questa attuale, stando all’efficiente materialità che ci circonda.
Ma è poi proprio vero?
La tecnologia eleva veramente la qualità della vita?
Forse!
In parte!
Sì, perché, a ben pensare, gli strumenti tecnologici non sono sostanzialmente miglioramento dell’uomo, ma semplicemente esaltazione delle sue attitudini. L’uso della dinamite aumenta enormemente le capacità demolitrici dell’individuo, e, se usata sapientemente, gioverà nell’edilizia ed in numerosi altri casi, ma, se nelle mani di uno squinternato, ne centuplicherà le capacità di nocumento. Un’automobile potrà condurre i suoi passeggeri dovunque essi vogliano ed essa può, ma se affidata a chi non sa guidarla riesce a trasformarsi anche in uno strumento micidiale. E così l’aeroplano, il treno, la nave ed ogni altro mezzo di trasporto. La moderna rete informatica, i calcolatori elettronici domestici ed ogni altro apparecchio in grado di collegarvisi, possono ampliare le conoscenze del loro utente e velocizzarne la comunicazione come non mai. Se affidate ad un benefattore dell’umanità avremo un proficuo sviluppo dei suoi esiti, ma, se affidate ad un pedofilo…
Perché la vita, autenticamente intesa, non è fatta di cose, ma di significati, e qualunque nostra esperienza è bella o brutta esclusivamente per il senso che sappiamo attribuirle.
Non stiamo solo a migliorare ottusamente la materialità a disposizione degli individui!
Lavoriamo per migliorare anche e soprattutto l’uomo stesso!
A ben pensarci, è la maniera più profonda per miglioragli la capacità di godere la propria esistenza, ed in piena dignità individuale, ossia senza dover miseramente elemosinare condizioni dall’esterno. 

L’angolo di Rosario Ruggiero Giuseppe: Antonello Leone, primo “Artista esemplare”

30/6/2016

 
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Avrebbe compiuto novantanove anni il 6 luglio prossimo Giuseppe Antonello Leone, pittore, scultore con i più disparati materiali, mosaicista, incisore, poeta, creatore di vetrate artistiche, medaglie commemorative, collage e più.
Suo l’affresco “Le nuove città” nella Rocca dei Rettori di Benevento,  i dipinti “Annunciazione” e “La presentazione al tempio di Maria” nella Chiesa Madre di Pietradefusi, presso Avellino, il progetto per la facciata della chiesa della Madonna del Carmine, a Laurenzana, presso Potenza, la “Via Crucis” della chiesa salernitana di San Pietro in Camerellis, il bassorilievo maiolicato della scuola elementare di San Giovanni Rotondo, presso Foggia, il medaglione in bronzo di Concetto Valente presso il muro di cinta del cimitero di Potenza, i pannelli modellati e maiolicati per lo stadio “Simonetta Lamberti” di Cava de’ Tirreni, il busto in bronzo del rettore Carlo Ciliberto nella sezione degli uomini illustri del cimitero napoletano di Poggioreale, il mosaico “La predica dei pesci” nella chiesa di Sant’Antonio, a Corleto Perticara, presso Potenza, un vassoio e una coppa in argento al Museo degli Oggetti Sacri di Assisi, la scultura “Dea Trifase” in piazza del Pittore, a San Giorgio a Cremano, presso Napoli, i tre pannelli bronzei per la porta principale del duomo di Messina, e tante altre opere ancora, sparse per la nostra penisola.
Incalcolabili le esposizioni che lo hanno avuto protagonista, in Italia ed all’estero, e gli scritti che lo illustrano.
Un’attività lunga circa ottant’anni che lo vedeva ancora attivo, d’estate, nella lucana Montemurro, terra natale della moglie, la compianta artista Maria Padula, dove aveva dato luogo ad un vivace fermento artistico grazie alla creazione della particolare tecnica dei “graffiti polistrati”, ossia pannelli con più strati di colori diversi sovrapposti, sì che l’artista, incidendovi, produce immagini ed, a seconda della profondità dell’incisione, sortisce i colori.
Ed è nata una scuola, a Montemurro,  per l’insegnamento di tale speciale tecnica artistica, e maestri da tutto il mondo giungono, nel periodo estivo, a donare al paese il frutto della loro creatività espressa attraverso questa specifica modalità, sì che la località lucana oggi può vantare una decorazione artistica cittadina che la rende unica al mondo.
Di Giuseppe Antonello Leone affascinanti anche gli “strappi”, dove dalla sapiente lacerazione di manifesti pubblicitari ricavava suggestioni visive, le cartine stradali magicamente ritoccate a rivelare sorprendenti, insospettate immagini, o le incredibili “risignificazioni”, dove da oggetti e materiali più disparati ed umili, sovente di scarto, come gabbiette per tappi di bottiglie di spumante, contenitori di detersivo vuoti o cilindri di cartone per rotoli di carta igienica, faceva venir fuori insospettate sculture, palese, polemica, raffinatissima protesta al più ottuso ed insensibile consumismo.
Di pochi anni la donazione del suo dipinto giovanile  “Elena” al “Museo Napoli Novecento 1910-1980”, in Castel Sant’Elmo, nel capoluogo campano.
Ma l’infaticabile attività di Giuseppe Antonello Leone non si fermava qui, e fu insegnante, direttore di istituti d’arte, efficace promotore della nascita di scuole, nonché istitutore di nuove discipline di insegnamento.
Un maestro di cui il critico d’arte Philippe Daverio ha scritto: “un novantenne che posso senza pudore alcuno dichiarare l’artista (per me, ovviamente!) più interessante del secolo ventesimo”.
Per tutti questi motivi, tra i suoi ultimi riconoscimenti, nel 2014, veniva insignito, a Salerno, del nascente premio “Artista esemplare”, onorificenza che, al di là della brillantezza della carriera o della valentia tecnica ed espressiva, riconosce l’esemplarità etica dell’impegno svolto tra le muse.
In quell’occasione, a festeggiare il maestro, purtroppo assente per indisposizione, giunsero artisti, direttori di istituti d’arte, professori universitari e semplici ammiratori, anche da Napoli, Avellino, Maratea.
Nato a Pratola Serra, presso Avellino, nel lontano 1917, Leone, nel corso della sua lunga vita, aveva conosciuto personalmente Filippo Tommaso Marinetti, aderendo al Futurismo, ma pure Rocco Scotellaro, Leonardo Sinisgalli e Carlo Levi.
Domenica scorsa, nella sua casa di Napoli, ha chiuso gli occhi per sempre.
Lascia al mondo un esempio di fantasia creatrice, di disinteressato, infaticabile attaccamento all’arte, di generosità artistica ed umana che, mai come in questi nostri aridi tempi così penosamente pragmatici e disincantati, sarà straordinariamente difficile rimpiazzare.     


29 Aprile 2016: presentazione del progetto "DIRITTO ALLA SALUTE, DIRITTO ALLA VITA"

23/4/2016

 
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Si terrà nella sala della chiesa di Sansevero al Pendino, in Via Duomo a Napoli, il giorno 29 Aprile, una tavola rotonda sul tema “I Pilastri della Salute”, organizzata dal Comitato Italiano per la Tutela della Salute (CITS). L'incontro è stato pensato con l'obiettivo di dare spazio ad un concetto ben preciso: ogni singolo individuo deve avere modo di relazionarsi alla propria salute come ad un diritto sociale, come condizione indispensabile al compimento e miglioramento di ogni atto della vita; questa idea deve essere primeva rispetto a quella di salute quale condizione di assenza di malattia o, come afferma l'Organizzazione Mondiale della Sanità, quale stato di completo benessere psicofisico.
Per dare struttura a questo specifico concetto di salute come esercizio di un diritto indispensabile, il convegno organizzato dal CITS tratterà due aspetti fondamentali: la conoscenza dei diritti sociali e la comprensione delle azioni da mettere in campo per ottenerne l'esigibilità.
"La strada che abbiamo scelto di praticare è quella dell'azione diretta a costringere la Pubblica Amministrazione ad attuare interventi di tutela e prestazioni omessi, in merito al diritto alla salute. Il nostro programma comprende, dunque, informazione e formazione permanenti per l'accesso ai diritti sociali, da realizzare attraverso conferenze, seminari e corsi, nonché la realizzazione sul territorio di una rete di cittadinanza compartecipativa, caratterizzata dalla autonoma capacità di intervento e sostenuta dalla collaborazione di una pluralità di saperi, che è un po' il cuore del nostro progetto", così Raffaele Federico, presidente del CITS, spiega le intenzioni sottese all'incontro del 29 aprile a Napoli: sensibilizzare i cittadini rispetto al diritto alla salute quale diritto sociale e fornirli degli strumenti per mettere in campo azioni efficaci a sostegno della sua inviolabilità ed unicità, principi garantiti dalla Costituzione con l'articolo 32.
Interverranno alla tavola rotonda che si aprirà in mattinata, la dott.ssa Bianca Desideri, giornalista e moderatrice, il dott. Giovani Bartone, chirurgo AO Cardarelli - Resp.comitato scientifico CITS, l'avv. Salvatore Carro, Giudice di Pace, l'avv. Gennaro Orlando, Studio Legale Orlando per i Diritti Sociali, la dott. ssa Carmela di Maio, pediatra ASL NA1 Centro.
Nel pomeriggio i lavori proseguiranno con gli approfondimenti ed il dibattito sui 5 pilastri della salute: Movimento; Rilassamento; Alimentazione; Ambiente e Coscienza.


Rossella Marchese
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Phubbing

20/4/2016

 
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La tecnologia, si sa, ha i suoi pro e contro. Parlando con le amiche emergono discorsi in cui si parla di smartphone. Ognuno vuole avere sempre quello di ultima generazione.
A tutti sarà capitato sicuramente di trovarsi a cena, in un locale o anche solo sul pullman la mattina e avere di fronte un amico o un conoscente che, mentre si parla, non presta attenzione, ma continua nelle sue attività social sul cellulare. Questo modo di fare viene chiamato phubbing.
Esso è formato dalle parole inglesi phone e
snubbing, ovvero il nome telefono e il verbo snobbare, ignorare, trascurare. Questo modo maleducato e fastidioso a me non piace, devo ammettere però che a volte anche a me capita, ma potrebbe essere un passatempo.
Navigando su internet ho scoperto che stare col telefono mentre si pranza può cambiare l'umore di una persona, perché poi durante il pomeriggio ci si sente più stanchi psicologicamente rispetto a chi, invece, chiacchiera con gli amici o con i colleghi. Questo fatto è il risultato di uno studio condotto da degli esperti coreani che, attraverso vari questionari e test psicologici, hanno capito che non fa bene stare col telefono a pranzo.
Questo è uno dei motivi per non far usare il telefono in alcuni momenti della giornata.


Giorgia Fiorito


Redazione Junior

IX Edizione del “Certame Vichiano”, Concorso nazionale di Filosofia

15/4/2016

 
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Anche quest'anno saranno i liceali provenienti da tutta Italia ad animare il Certame Vichiano, la “gara” filosofica dedicata a Giambattista Vico e ideata dal Liceo Umberto I di Napoli, ormai nove anni fa.
Appuntamento primaverile consolidato del calendario culturale nazionale, il Certame Vichiano propone tre giorni, dal 14 al 16 aprile per questo 2016, di attività aperte a studenti, cittadini e turisti, che si svolgono nel centro antico di Napoli, dai decumani a Palazzo Serra di Cassano.
I ragazzi, del quarto e quinto delle scuole superiori che hanno superato una preselezione presso le loro scuole d’origine, si sono “sfidati” in una tenzone intellettuale, i cui elaborati vincitori verranno premiati in una cerimonia ad hoc il giorno 16 aprile a Palazzo Serra di Cassano, simbolo cittadino del Settecento Riformatore.
Tra le scuole in gara quest'anno anche il Liceo Classico di Contursi, con nove ragazzi, tra cui due studentesse di Palomonte, incantevole paese del salernitano ai piedi degli Alburni, sede della prima Acropoli dei Giovani per l'Italia Meridionale, progetto dell'Istituto Italiano di Studi Filosofici che mira alla creazione fisica e spirituale di presidi culturali permanenti sui territori.


Rossella Marchese

Comune di Napoli: approvata nuova delibera trasporti 2016

9/4/2016

 
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Anche per il 2016 a Napoli sarà possibile godere di agevolazioni economiche per usufruire dei mezzi pubblici, rivolte a determinate categorie di cittadini in condizioni di disagio socio economico, o comunque categorie più sensibili, tra cui disoccupati e giovani.
La Giunta comunale, infatti, su proposta dell'Assessora al welfare Roberta Gaeta, ha approvato una delibera volta a favorire la mobilità sul territorio cittadino di pensionati, invalidi e non con ISEE bassi, di invalidi con i medesimi indicatori di situazione economica entro un certo valore e, da quest'anno anche dei disoccupati.
​La delibera approva la Convenzione, sottoscritta dal Comune con il Consorzio Unico Campania ed il regolamento attuativo che definisce, appunto, le varie fasce di agevolazione ed individua gli utenti aventi diritto rientranti in ciascuna di esse, tenendo conto dell'ISEE del nucleo familiare e della relativa normativa disciplinante la materia.
​Lo stanziamento previsto per il 2016 ammonterà a circa 2mln di euro.
​Le categorie degli aventi diritto all'abbonamento ed ai biglietti "UnicoNapoli" comprendono:

a) Titolari di pensione ultra 65nni con precisi requisiti ISEE;
b) Titolari di pensione di reversibilità ultra 55enni e con determinati requisiti ISEE;
c) Combattenti, reduci di guerra o deportati e vittime civili di guerra ultra 65enni e vittime del terrorismo e della criminalità organizzata;
d) Invalidi con ISEE non superiore a € 15.000 appartenenti alle seguenti categorie:
- invalidi civili al 100%;
- invalidi di guerra o per servizio;
- portatori di handicap in situazione di gravità;
- invalidi del lavoro al 100%;
- all'accompagnatore dei richiedenti aventi diritto;
e) Disoccupati con precisi requisiti socio economici;
f) Minori invalidi;
g) Portatori di handicap con difficoltà medio/gravi e sempre con riferimento a specifici requisiti ISEE.
Insomma, l'attenzione dell'amministrazione comunale a problematiche complesse come possono essere quelle connesse alla migliore fruizione dei servizi pubblici cittadini da parte di categorie sociali più deboli c'è, ed è confermata anche dalle parole dell'Assessora Gaeta: “
il Comune di Napoli continuerà a garantire in questo modo un servizio importante, confermando non solo i massimali dei valori ISEE per consentire alla stragrande maggioranza dei pensionati di rientrare nell'agevolazione, ma anche la possibilità di rilascio dell'abbonamento agevolato ai disoccupati”.

​Rossella Marchese


 



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